Riabilitazione post chirurgica LCA (Legamento Crociato Anteriore)

La Sig.ra M.A., sciatrice occasionale, durante la consueta settimana bianca organizzata con la famiglia, cadendo si procura lesioni serie da ricorrere all’intervento chirurgico per la ricostruzione dell’L.C.A. (Legamento Crociato Anteriore). In realtà il referto della R.M.N. (risonanza magnetica nucleare) parlava della ulteriore compromissione del menisco interno dello stesso arto, più lacerazioni bilaterali e un po’ diffuse tra capsula ed altri legamenti, ma non degni di ulteriori ricostruzioni.
La signora avendo saputo da suoi conoscenti dell’efficacia e rapidità di risultati che si ottengono con  l’Idrokinesiterapia (Metodo A.S.P.- Approccio Sequenziale e Propedeutico), non esitò a consultarmi, motivata inoltre dalla fretta di rientrare in servizio, essendo giovane e libera professionista.

La particolarità di questo caso è legata principalmente al fatto che l’intervento provocò un infezione post.chirurgica con dolori articolari, idrarti e limitazione funzionale e depressione.
La prognosi del chirurgo era di trenta giorni di riposo, più altri trenta di riabilitazione funzionale, durante la fase di riposo, indicazioni mediche con antibiotici, Voltaren ed uso di Kinetek.
A mio avviso, al di là della cura farmacologia, il riposo ed il Kinetek per un mese era un indicazione assurda; due giorni dopo aver rimosso i punti la paziente si fece accompagnare in piscina per cominciare precocemente il trattamento riabilitazione in acqua.

 

 

La frequenza era di tre volte la settimana per dodici sedute (totale di un mese di trattamento). Lavorando in fase acuta, si è privilegiato tutto il lavoro in allungamento delle catene muscolari che limitavano l’articolarità del ginocchio ed il lavoro sul tronco per evitare che la deambulazione sui canadesi “viziasse” la paziente sovraccaricando l’arto meno colpito, ma comunque sofferente allo stress da carico.
La paziente poteva comunque camminare bene, con pochissimo dolore sentendosi da quasi subito “normalizzata”.
Il periodo acuto è durato non più di quattro sedute durante le quali la paziente decise di sua spontanea volontà di ridurre il Voltaren ad una dose ogni tre -quattro giorni ovvero quando sentiva più necessità.

Verso metà ciclo di idrokinesiterapia il piano di trattamento si è arricchito di esercizi terapeutici di propriocettività sia statici che dinamici, e nuoto.
La paziente verso la fine del ciclo era già autosufficiente (guidava, faceva le scale) ma con piccoli disturbi e già da una settimana non seguiva più nessuna cura farmacologia, inutile dire che il Kinetek lo aveva abbandonato da almeno tre settimane.
Effettuato il controllo dal suo chirurgo, rivenne in piscina con la prescrizione di trenta giorni di fisioterapia “classica” (elettroterapia, cinesiterapia, etc.) e nuoto.

Personalmente ricevetti la telefonata dal chirurgo ortopedico per ringraziarmi della collaborazione, poiché la paziente gli riferì genericamente di essere stata seguita da me (senza specificare il modo!).
La scelta concordata con la paziente fu quella di continuare per altre sei sedute, laddove le difficoltà crescenti create con le regole del metodo A.S.P. (Approccio Sequenziale Propedeutico) e la scelta di stili di nuoto adeguati al problema hanno ottimizzato il recupero funzionale. La paziente soddisfatta, non solo è ritornata rapidamente alla sua attività, ma ancora una volta ci ha confermato quanto sia opportuna una revisione critica dei protocolli tradizionali e la necessità di una maggiore conoscenza da parte di molti specialisti nel settore sui casi e sui vantaggi che offre l’idrokinesiterapia.

Dott. in Fisioterapia Fulvio Cavuoto

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